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Grazie Presidente.
Gli articoli di stampa di questi giorni ci delineano un quadro non confortante sulla condizione delle donne nel nostro Paese e nella nostra realtà locale, ma proprio per questo è necessario combattere ogni giorno gli stereotipi e mettere in luce le novità positive.
Le donne sono di più, si laureano in corso più dei colleghi uomini e con voti migliori, ma quando intraprendono la carriera universitaria la loro presenza comincia a rarefarsi. È quanto emerge dal primo bilancio di genere dell'Alma Mater, voluto e promosso dal Cug (Comitato unico di garanzia), che verrà presentato il 15 novembre in Rettorato.
Se tra studenti e laureati la maggioranza è donna e se tra i dottori di ricerca la situazione è sostanzialmente di parità, nei ruoli da ricercatore e docente di seconda e prima fascia si registra “la netta prevalenza della componente maschile, con la quota di donne decrescente.”
Il rapporto segnala “l'esistenza di barriere, spesso invisibili, che si oppongono alla progressione al livello massimo di carriera delle donne docenti. Queste barriere derivano dall'esistenza di stereotipi e da ragioni di origine storica, sociale e culturale.”
Comunque siano collocate nella fascia di docenza, le donne guadagnano mediamente meno degli uomini, i quali sono in grande maggioranza anche negli organi di governo dell'Ateneo in carica.
Anche nel mondo delle professioni intellettuali, le donne sono sempre più presenti, ma continuano a guadagnare meno dei colleghi maschi, con differenze che possono arrivare anche oltre il 50%.
Il tema della disparità retributiva tra uomini e donne che operano come liberi professionisti, con le ricadute economiche che questo comporta, è stato oggetto in questi giorni di un’audizione inAssemblea della Commissione Pari opportunità dell’Emilia Romagna.
I dati certificati nell’ultimo rapporto confezionato dalWorld Economic Forum consegnano la fotografia di un Paese che fa ancora fatica a riconoscere gli stessi diritti e a concedere le stesseopportunità alle donne. IlGlobal Gender Gap Index(l’indice che misura la disparità di genere) vede l’Italiaal50° postodella classifica mondiale a 144. Un posizionamento non proprio lusinghiero, che segna un arretramento rispetto al 2015. Il dato va analizzato nei suoi diversi aspetti. Ci sono ambiti, come quello dellaformazione, in cui il dato si ferma al56° posto. E altri, come quello dellasalute, in cui va al72° posto. Mentre migliorano nettamente le performance delle donne italiane impegnate inpolitica, attestandosi al25°posto della classifica mondiale.
Le note più dolenti riguardano il lavoro o, per essere più precisi, quella che gli estensori del rapporto definiscono: “partecipazione alla vita economica e opportunità.”
Cosa vuol dire? Che rispetto ai Paesi più sviluppati (e più inclini a riconoscere le potenzialità delle lavoratrici), l’Italia concede poche opportunità a chi vuole ricoprire ruoli dirigenziali e di responsabilità. E, ancor più pesante, è il dato che misura ladisparità salarialeche ci confina nelle retrovie della classifica.
Ed ora le buone notizie: in un momento di crisi come questo, le imprenditrici nel panorama economico della nostra regione stanno registrando i numeri di crescita maggiori. Nel 2016, secondo i dati di Unioncamere aggiornati fino a settembre, le imprese a guida femminile sono aumentate dello 0,3% rispetto allo stesso periodo nel 2015 e dello 0,9% negli ultimi tre anni.
C'è chi ha intrapreso l’attività nei servizi, chi nel settore agricolo o del commercio, senza dimenticarsi di fare rete con le altre, perché, come spiega Nicoletta Corvi, Presidente del Comitato per la formazione dell’imprenditoria femminile di Unioncamere, “la collaborazione tra le imprenditrici è una delle chiavi del loro successo”.
Nonostante questo, secondo i dati forniti dall'osservatorio InfoCamere, la nostra rimane una delle regioni con il più basso tasso di imprenditrici donne.
Una spiegazione è legata al fatto che l’alto tasso di occupazione femminile determina una minore incidenza nel mondo dell’auto-impiego. Inoltre, anche se negli ultimi anni la situazione è cambiata, rimangono forti tutti quei retaggi culturali che vincolano il genere femminile a posizioni ancora troppo secondarie. A trainare la crescita delle donne è soprattutto il settore delle attività legate ai servizi.
Secondo quanto pubblicato sul sito “100esperte.it”, un progetto nato per raccogliere 100 nomi e relativi curricula di esperte nell'ambito di settori storicamente sotto-rappresentati dalle donne e al contempo strategici per lo sviluppo economico e sociale del nostro paese, tra le massime esperte d'Italia, valutate in base alla “rilevanza scientifica delle loro pubblicazioni”, ci sono anche tre bolognesi: Margherita Venturi, ordinaria di Chimica Generale dell'Università di Bologna e ricercatrice nel campo delle macchine molecolari; la climatologa Maria Cristina Facchini, dirigente di ricerca al CNR a capo di un gruppo che si occupa di tematiche relative all'inquinamento; Alba Brandes, direttrice dell’Unità di oncologia dell’Azienda USL di Bologna.
La panoramica scattata a tutti i livelli (europeo, regionale, locale) conferma che c’è ancora molto da fare e che la strada da percorrere per accorciare il divario di genere rimane particolarmente lunga, ma non per questo, o forse proprio per questo, noi rappresentanti delle istituzioni dobbiamo fare un passo dopo l’altro per cambiare le cose. Per il bene della civiltà e dello sviluppo di un intero paese.
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