Intervento in Consiglio "Il Tribunale dei Minorenni di Bologna dice sì alla stepchild adoption"

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  • Roberta Li Calzi

Intervento in Consiglio "Il Tribunale dei Minorenni di Bologna dice sì alla stepchild adoption"

Il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha riconosciuto l’adozione da parte del partner del genitore legale (cosiddetta stepchild adoption) di un bambino, in una coppia di due uomini uniti civilmente all’estero, e di una bambina, in una coppia composta da due donne anch’esse unite civilmente, applicando direttamente la legge sulle unioni civili. Il Tribunale ha verificato che il minore riconosce in entrambi "i suoi genitori e che la relazione di coppia si distingue per solidità affettiva, costanza nel tempo e comunanza di obbiettivi, al punto da dovere essere considerata, a tutti gli effetti, una famiglia".

Il Tribunale, come già aveva fatto la Corte d’Appello di Milano, ha confermato la piena legittimità della decisione facendo riferimento alla legge sulle unioni civili che, come si legge in entrambe le sentenze, "ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso, ove sussistenti vincoli affettivi, al rango di famiglia".

Un precedente destinato a fare scuola.

A poco più di un anno dall’entrata in vigore della Legge 20 maggio 2016, n. 76, continua a farsi strada nel nostro ordinamento la tutela dei figli e delle figlie nati, accolti e cresciuti in famiglie omogenitoriali attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari, nonostante lo stralcio della disposizione che, nell’originario testo del disegno di legge sulle unioni civili, estendeva alle parti dell’unione civile l’istituto dell’adozione del figlio del coniuge disciplinato dalla legge sulle adozioni.

Unione civile e non matrimonio, dunque, almeno per ora: ma "famiglia", senza alcun dubbio e senza che il riferimento alla “specifica formazione sociale”, meramente tautologico ("specifica formazione sociale", infatti, è anche il matrimonio) possa in alcun modo inficiare la correttezza di tale affermazione, dal punto di vista giuridico e costituzionale. Va ribadito allora, seguendo le chiare argomentazioni dei giudici bolognesi, “che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una "famiglia", luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore "omoaffettività" possa costituire ostacolo formale”.

Laddove il processo politico parlamentare non è riuscito ad arrivare, si è lasciata aperta ai giudici la possibilità di procedere, nel caso concreto, a realizzare l’istanza di riconoscimento dell’omogenitorialità e, soprattutto, a tutelare la posizione dei soggetti più deboli, i bambini, attraverso istituti già presenti nel nostro ordinamento, come appunto l’adozione in casi particolari, o il riconoscimento di rapporti genitoriali sorti in ordinamenti stranieri, attraverso la trascrizione dei relativi atti di nascita o dei provvedimenti di adozione.

Il cammino verso il pieno riconoscimento dell’omogenitoralità e dell’uguaglianza tra tutti i bambini prosegue grazie alle pronunce giurisdizionali, che però non possono per loro natura garantire un grado di certezza giuridica paragonabile a quello che deriverebbe da una previsione legislativa.

Per questo, la politica e le istituzioni non devono fermarsi: la legge sulle unioni civili è solo un primo passo, importantissimo, sulla strada per il riconoscimento dei diritti di adulti e bambini, che nel nostro paese mai aveva visto posarsi la prima pietra. Con la consapevolezza che di pietre ne servono tante altre e che a posarle dobbiamo essere noi.



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