La Tampon Tax è un’imposta ingiusta

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  • Roberta Li Calzi

La Tampon Tax è un’imposta ingiusta

Negli ultimi tempi si è tornato a parlare della Tampon Tax, cioè l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata su assorbenti, tamponi e coppette mestruali.

Dopo che lo scorso anno la Camera dei Deputati ha approvato un emendamento al decreto fiscale per abbassare l’IVA dal 22 al 5 per cento, ma solo per gli assorbenti biodegradabili e compostabili, che rappresentano una minima parte dei prodotti in commercio e non sono comunemente usati dalle donne, il Consiglio Comunale di Firenzenei giorni scorsi ha approvato all’unanimitàunamozioneper sollecitare il Governo e il Parlamento ad abolire l’IVA sui prodotti igienici essenziali per le donne. 

In Italia l’IVA sugli assorbenti femminili è stata introdotta nel 1973 e, come per altri beni e servizi, è cresciuta nel tempo dal 12 al 22 per cento. 

Oggi sono in vigore tre aliquote IVA: 4 % (aliquota minima, applicata alle vendite di generi di prima necessità), 10% (aliquota ridotta, applicata a determinati prodotti alimentari, operazioni di recupero edilizio e servizi turistici), 22% (aliquota ordinaria, per tutto il resto). I prodotti sanitari per il ciclo mestruale, nonostante costituiscano un bene primario, sono sottoposti all’IVA del 22%, cioè l’aliquota massima contemplata dal sistema fiscale italiano.

In diversi Paesi dell’Unione Europea e del Mondo si è aperta una discussione sull’entità e l’opportunità di questa imposta, dal momento che il ciclo mestruale è una funzione involontaria dell’organismo femminile e conseguentemente va considerato come necessario l’uso di beni igienici femminili.

Si stima che una donna, dalla pubertà alla menopausa, affronti circa 520 cicli mestruali che durano in media 28 giorni e comportano 3-5 giorni di mestruazioni. Prevedendo l’utilizzo in media di 4 assorbenti al giorno, si ottiene un totale di 12 mila assorbenti nell’intero arco di vita e una spesa di circa 1.700 euro solo per assorbenti. In Italia ogni mese 21 milioni di donne acquistano prodotti sanitari, per un totale di circa 2,6 miliardi di prodotti venduti.

Esiste anche il fenomeno, purtroppo ancora spesso ignorato, della c.d. “povertà mestruale”, ovvero il disagio (anche per ragioni economiche) di potersi garantire un’igiene adeguata durante tutto il periodo mestruale, attraverso appositi dispositivi sanitari e in luoghi idonei.

Molti Paesi hanno affrontato positivamente il tema: in Francia la “tampon tax” è stata ridotta dal 20% al 5,5%; in Belgio dal 21% al 6%; nei Paesi Bassi è al 6%; in Spagna dal 10% al 4%,; in Germania dal 19% al 7%; in Irlanda non viene applicata IVA su questi beni. Nel Regno Unito, in aggiunta, si distribuiscno gratuitamente i prodotti sanitari femminili alle studentesse in contrasto alla “period poverty”. In Canada è stata definitivamente abolita la tassazione, seguita dallo stato di New York e dall’Australia.

In Italia oltre 250 mila cittadine e cittadini hanno firmato appelli per chiedere al Governo e al Parlamento di abolire o quantomeno ridurre la “tampon tax” e, nell’ambito dell’esame del decreto fiscale da parte del Parlamento, l’Intergruppo parlamentare sui diritti delle donne ha presentato un emendamento che prevede l’aliquota ridotta su prodotti sanitari e igienici femminili.

Per questo presento un Ordine del Giorno, di cui non chiedo la trattazione urgente, teso a verificare con le Farmacie di Bologna la possibilità di applicare prezzi contenuti e promozionali sui prodotti sanitari igienici femminili e ogni altra eventuale iniziativa per migliorare la disponibilità e l’educazione all’uso di questi prodotti da parte delle donne, in particolare delle fasce più svantaggiate; nonché a sollecitare il Governo e il Parlamento all'approvazione di un’immediata riduzione dell'IVA, con l'obiettivo di arrivare poi alla totale detassazione dei beni essenziali alla salute e all’igiene femminile; infine, a richiedere alla Regione Emilia-Romagna di affrontare e approfondire il fenomeno della “povertà mestruale” e di prevedere un piano di agevolazioni economiche per l’acquisto di prodotti sanitari e igienici femminili per le fasce più deboli. 

La questione della tassazione degli assorbenti non può essere letta solo attraverso una lente economica. Oltre la battaglia politica, c’è anche e soprattutto quella culturale. Equiparando i prodotti per le mestruazioni ad altri beni che non sono di prima necessità, si manda alla società un messaggio distorto.

Inoltre, non è solo una questione di equità e pari opportunità, ma è una vera e propria battaglia di civiltà, che un'Amministrazione come Bologna non può non affrontare.



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